Officina Web Marketing

La realizzazione di un sito web è una cosa importante, ma non deve costare una fortuna. Il valore viene dopo avere creato un proprio sito web, quando il stio diventa uno strumento di comunicazione e di conversazione con i prorpi clienti.

domenica 27 dicembre 2009

Law marketing, le novità si basano su basi solide.

di beniamino bonocore

Ultimamente mi sto interessando al law marketing (o anche detto marketing legale) e ho aperto anche una vetrina apposità per sviluppare l'argomento, insomma un law marketing agency.
L'interesse è nato da quando mi occupo della promozione, meglio, dello sviluppo del brand del portale avvocato.it. Questo mi ha fatto conoscere una realtà che ha grandi opportunità di sviluppo e che può avere grandi vantaggi nell'acquisire una mentalità marketing oriented.
Ma il marketing e il law marketing sono veramente due discipline diverse. Assolutamente no. Diciamo che nella professione forense gli elementi da considerare sono diverse che non quelle di una strategia su un prodotto.
La differenza sostanziale sta nel fatto che se devo agire su un prodotto, su un servizio, posso modificarlo e comunicarlo strategicamente per assecondare i bisogni/desideri del pubblico a cui voglio riferirmi. Nel law marketing non posso adeguare il prodotto atteso che il prodotto è la stessa professione forense e che quindi non posso adeguare l'offerta alla domanda semplicemente cambiando i parametri dell'offerta. Ma ciò non è per forza di cose un male: nel law marketing sono costretto ad andare a fondo nella ricerca degli elementi strategici, devo avere una comunicazione incentrata sul "valore" espresso dal professionista e, in un mercato fatto di conversazioni, devo avvicinare one to one i soggetti per creare un filo di dialogo fra chi domanda e chi offre, devo scovare quegli elementi che possono avvicinare avvocato e cliente in una specificità che va oltre l'evento unico del patrocinio in tribunale. Insomma una sfida interessante.

giovedì 17 dicembre 2009

Le conversazioni sono mercato.

Se siete passati dal titolo, spero avrete già capito cosa penso. Se avete un dubbio, o meglio se la mia capacità di aver avuto un pensiero e di comunicarlo è ridotta allora andiamo avanti nel ragionamento.
Facciamo il contrario delle regole della scrittura sul web, partiamo da lontano, per cui il post dovrete leggervelo tutto.
Racconto una storia.
(azione) Due amici hanno deciso di passare un fine settimana in una località di mantagna, è un bel posto sulle alpi, dalla parte della svizzera. (colore) E' sabato sera, hanno portato fuori, sul prato davanti alla casa due poltrone, e sono li seduti in silenzio. La luna non c'è, e non ci sono neanche le nuvole, ciò che potete immaginare del cielo stellato che ammirano è prorpio la bellezza a cui loro assistono. Sono li, insieme, amici che condividono un cielo stellato.
(azione) Ad un tratto, l'amico dice all'altro: Vorrei viaggiare nelle spazio".
Alt fermate la storia.
Questo tizio ha detto che vuole andare nello spazio!
I SEO e i SEM si lanciano per indicizzare sui motori di ricerca  "viaggi nello spazio" cosi sono primi su google e calcoreranno i ROI, e i loro clienti che vanno nello spazio saranno contenti perchè sono i risultati che contano e con google pagate solo quelli.
I Pubblicitari si lanceranno in una campagna su tv, radio affissione, strilleranno i loro slogan: LO SPAZIO COME NON LO AVETE MAI VISTO. oppure LO SPAZIO VISTO DALLO SPAZIO.
Paritranno campagne virali: "come assmblare la tua personale nave spaziale".
Persino Bignami, pubblicherà un libricino: COMPENDIO ALLA GRAMMATICA MARZIANA".
Ma la storia è un altra: l'amico ascolta il desiderio dell'amico, non ha bisogno di rispondere nulla, si alza, va dentro casa e dopo pochi minuti torna: ha un libro in mano. Lo passa all'amico e gli dice: " Buon Viaggio"
L'amico prende il libro, legge il titolo: IL CICLO DELL FONDAZIONI di Isaac Asimov.
L'amico sorride, è contento: "Grazie è quello che volevo".
Abbiamo messo il mercato come soggetto della nostra indagine e punto di arrivo del sistema impresa, e cosi ci siamo scordati dell'uomo.
La soluzione non è nel web 2.0 piuttosto che in invertising, la soluzione credo che sia nel recuperare l'uomo come soggetto principale delle nostre attività e non ciò che esso, contaminato da fattori esterni diventa. L'uomo è causa, tutto il resto è effetto.
Se l'impresa tutta ricomicia a riconoscere l'uomo come suo compagno d'avventura, tutto ciò che sarà effetto del singolo uomo sarà effetto per l'impresa.
La storia che vi ho raccontato può anche non essere l'esempio perfetto, e vi prego non passate il vostro tempo a trovare lagune dalettiche nel racconto della stroria. Concentratevi su questo. Gli amici si conosco, hanno gli stessi pensieri perchè sono prima di tutto due uomini, e la soddisfazione data al "viaggiatore" sta tutto nell'intuito che l'altro ha avuto.
E l'intuito non è magia, è dentro di noi e viene fuori quando noi, ovvero l'impresa, parte dal fatto di essere anche essa un uomo. E' l'empatia fra uomo e uomo la vera conversazione.
Voglio dire, la natura di ogniuno, più o meno grande, è la capacità di avere pensieri prorpi di avere idee prorpie ed è quello che porta avanti, se mi appiattisco su il pensiero di un altro è come se sulla terra ci fosse una persona sola.
La conversazione è il soggetto principale è ciò su cui si basa tutto, il mercato è uno degli elementi che scaturiscono dalle conversazioni, da cui però vengono fuori altre migliaia di cose. La benzina del motore dello sviluppo è la creatività, nella sua accezione più ampia, le imprese devono riscoprirla, essere intuitive, e creative, facciamo tutte le indagini che vogliamo, ma alla fine mettiamoci del nostro, il nostro intuito e la nostrà creatività. Pubblicità, web, tutto ciò che è comunicazione la servizio dell'impresa, ritorneranno ad essere strumenti formidabili.

mercoledì 16 dicembre 2009

L'importanza di parlare di marketing.

di beniamino buonocore

Ogni tanto mi dimentico di essermi creato questo luogo di riflessione (vero si chiama blog), che quasi nessuno legge, anzi credo nessuno, ma che nelle mie intenzioni serve per consegnare alla rete le mie riflessioni, quasi che mi aiuti a conservarel nel tempo per poterle rileggere ogni tanto, per non perdere il filo del discorso, per non farmi distrarre dalle tante nozioni che servono e su cui a volte ti "fissi" e creandoti una abituidne di pensero che è nemica della creativià.
Lo spunto mi è arrivato dal titolo che diedi a questo blog: officina web marketing, o meglio: riflettiamo sulla evoluzione del marketing nel web. Da quelo momento molte cose sono cambiate e le esperienze lavorative sono aumentae e si sono diversificate. Adesso, mi capita di occuparmi della promozione di un portale che si chiama avvocato.it. E la mia mente si riempie di nozioni di law marketing, marketing legale, mi avvicino ai convegni e agli scritti di altri consulenti che si occupano della promozione degli studi legali, di commercialisti di notai: sembra tutto nuovo. Il marketing si evolve, assume una dimensione verticale perchè occupa degli specifici settori, e in qualche modo si specializza, quasi che applicasse su se steso le regole che invece fissa per gli altri. Diventa un prodotto. Un prodotto da vendere. Ecco il pensiero che mi logora da ieri sera. Ero a cena con Luciano, scherzavamo, mangiavamo bene, accompagnati da un ottimo vino e riflettavamo sul lavoro (facciamo due cose diverse), io mi occupo di strategia, lui di formazione. Gli raccontavo di questa nuova esperienza sul portale avvocato.it, di come cresceva l'interesse sulle strategie di marketing legale, sembrava tutto interessante, finchè non mi sono accorto che in realtà parlavamo del marketing come un prodotto e non come una opportunità.
Il marketing non è un prodotto, è sbagliato parlare di law marketing solo perchè è riservato agli studi legali, è sbagliato parlare di web marketing solo perchè uso il web come strumento di promozione. E' sbagliato perchè utilizzo una "strategia di posizionamento" su un concetto solo perchè lo voglio vendere e dunque lo trasformo in prodotto per il consumatore. Ma in quel preciso momento ho limitato l'opportunità del concetto di marketing di essere se stesso in tutte le sua sfaccettature, di essere incoerente con se stesso perchè è pensiero umano dedicato ad altri essere umani. L'elasticità di una "filosofia" fatta dagli unomini a vantaggio di altri uomini che non può essere ingabbiata in regole di marca o di prodotto ad uso di pochi.
Ho cominciato a pensare che il concetto di marketing ha in se stesso la regola e l'eccezione che ne conferma la validità.
Credo che devo riconquistare me stesso, la convizione che impresa è parte integrante dell'uomo, che lavora per un bisogno che va oltre il concetto innaturale del denaro, ma che si rende attivo per se stesso per sentirsi vivo. Perchè il lavoro è una parte della nostra vita, ci rende un gruppo e non tanti singoli elementi inutili in se stessi. Se marketing è amplificare il mio lavoro, la mia impresa per gli altri, indipendentemente dalle definizioni di valore per altri e valore per me, allora non lo ingabbio, lo rendo libero di esprimersi e lo armo della creativià, lontano da regole, target, permission o quello che si vuole, ma lo trasformo in un modo di essere uomo in una comunità, lo riporto alla stessa essenza di persona che vive per se solo se è all'interno di un gruppo. Lo rendo utile, un compagno di viaggo e una vera opportunità.

martedì 13 ottobre 2009

WEB 2.0: RIVOLUZIONE O EVOLUZIONE.

di Beniamino Buonocore

Il bello della rete è che trovi di tutto su tutto. Oggi leggevo un po di blog e sono incappato in questo post.
Mi sono chiesto cosa fosse per me il web 2.0, e già nel commento al post ho detto che non ci vedo nessuna rivoluzione, ma credo sia solo una normale evoluzione, anche meglio adeguamento della tecnologia e delle cose che ci offre, alla nostra struttura sociale.
L'essere umano ama e ambisce all'agregazione. Se penso alla storia del web, e alla sua (in fondo) brevissima vita, ho la sensazione che inevitabilmente si stia adeguando alla struttura sociale dell'essere umano.
Lo sforzo, la sfida che le attività di marketing hanno dovuto da sempre superare, è l'individuazione dei "gruppi" di persone (chiamati consumatori, fruitori, utenti, ecc ecc), che condividessero un interesse per un "valore": marca, prodotto, servizo.
Negli anni 70, i gruppi erano stratificati in base ad elementi sociodemografici, successivamente, dagli anni 80' si è cominciato a comprendere che pur appartenendo a categorie sociodemografiche identiche, due soggetti potevano avere gusti e desideri diversi. Fino ad oggi, dove l'aggregazione è divenuta per gruppi di interessi manifestati e condivisi.  Ma il tema principe è rimasto la ricerca di gruppi (tribù) aggregati sotto un comune desiderio da soddisfare.
Il web 2.0 non è artefice di nulla, è solo la ennesima conferma, l'ennesima manifestazione di questa struttura sociale.
Non credo sia una rivoluzione, forse lo sembra perchè corre a passi veloci. Credo che sia una opportunità, tecnologicamente forte, per generare aggregazioni più forti e tribù più vaste. Per la gioia del marketing.

venerdì 9 ottobre 2009

CRESCONO GLI UTENTI INTERNET.

di Beniamino Buonocore

Continua (inesorabile) la crescita di utenti internet, sia in termini assoluti, e sia (sotrattutto) in termini qualitativi. Un risultato, che ci si poteva aspettare, evidenziato da un'indagine condotta da Nielsen, intitolata "La crisi non arresta internet".
L'indagine ha evidenziato una crescita dei navigatori con un aumento rispetto al 2008 del 12%. Ma ancora più rilevante è la accresciuta qualita del navigatore, il quale dimostra una maggiore attenzione al mezzo web, atteso l'aumento assolutamente rilevante delle pagine viste da ogni singolo utente e l'aumento del tempo di utilizzo della rete. 



L'analisi in termini qualitativi ha anche evidenziato con gli utenti cominciano ad delinearsi come utilizzatori puntuali del web. Il 75% dei navigatori si concentra su community, social network, blog; il 54%  si dedica ai video e cosi via. Un risultato raggiunto attraverso un'offerta di contenuti sempre più ricca e completa, e (a mio giudizio) da una maggiore conoscenza dello strumento internet da parte dell'utente, che comincia sempre più a sapere cosa vuole e come e dove cercarlo.
















Inutle dire, maggiori gli utenti, maggiori gli investimenti pbblicitari.
Anche se la TV continua a farla da padrone, conquistandosi il 52% degli investimenti, la rete continua a scalare posizioni, incrementanto la crescita, incanalando il 7% degli investimenti pubblicitari (in aggiunta al 14% di crescita 2007), e sorpassando (peccato) la raccolta delle radio.


Questa indagine fa ben sperare, che possano esserci segnali di ripresa di un'economia che fatica a trovare sbocchi a presentare la sua offerta. Io spero che non si dimostri ancora di più la sua forza del web, man mano che gli adetti ai lavori impareranno a conoscere sempre meglio l'utente web, le sue aspettative, i suoi desideri, e il suo modo di interaggire con la rete.
Se ne parlerà più approfonditamente anche al IAB FORUM 09.

martedì 6 ottobre 2009

REALIZZAZIONE SITO WEB. REGOLE SAGGIE.

di Beniamino Buonocore

Stamattina, su TAGLIABLOG, è stato pubblicato un articolo molto interessante: viene introdotto CSPR, ovvero:

C _ Contenuto
S _ Semplicità di accesso
P _ Presentazione
R _ Reperibilità


Lascio da parte il confronto che l'articolo con la teoria delle 4P, perchè li giudico due contesti diversi e trovo in qualche modo forzato il rapporto.
Ma l'argomento di questo post è un altro: trovo assolutamente interessante la scelta di creare ordine e soprattutto un percorso di lavoro per chi realizza un sito web. Ed è interessante l'uso del CSPR. Tuttavia, lasciato cosi, il sistema rischia di essere una trappola.
Vediamoli uno ad uno e riflettiamoci su:

Contenuto: Vero! Ma quale, e con quale gerarchia. Ogni sito nasce con un obiettivo, vendere un prodotto, presentare un professionista, fino al punto di parlare di politica.
Dunque prima di contenuto mi dovrei occupare di INDAGARE, ovvero capire quale forma deve assumere il mio contenuto, capirne il lessico, la semantica.

Semplicità di accesso: Vero! Ma il dibattito sull'usabilità di un sito web è ancora lontano da essere concluso. Ci sono due teorie che racchiudono tutta una serie di riflessioni. La prima concepisce il percorso di un utilizzatore di un sito in tre momenti: nel primo gli vegono fornite una grossa quantità di informazioni su cui scegliere. Una volta che ha scelto, viene introdotto nel secondo passaggio dove le possibilità di scelta sono portate al minimo, con lo scopo di non generare "ripensamenti" dopo la prima scelta. Fatta anche la seconda scelta, si è introdotti al terzo momento dove si ritorna a proporre una varietà di scelte, ma concentrate su un singolo argomento nato dalla secondo passaggio.
Questo schema è molto vicino alle nozioni di tecnica di vendita, dove il primo passaggio e la famosa domanda aperta, e la ricerca delle informazioni.
La seconda teoria, è l'esatto contrario, ovvero ritiene di incanalare l'utente verso un percorso con poche varianti, successivamente, nel secondo passaggio, moltiplicare le scelte, coerentemente con quanto ricavato dalla prima scelta, e nel terzo passaggio limitare le scelte, andando verso la relaizzazione dell'obiettivo che il sito si prefige.
Ed è un percorso molto più vicino alle dinamiche dei motori di ricerca.

Presentazione
: Vero! L'impatto grafico acquista (e meno male) finalmente e sempre di più una sua importanza. E vanno considerati tutti gli aspetti della grafica: i font, che devono essere scelti rispetto al fatto che devono essere letti su un monitor, quindi senza troppe grazie (ti times per intenderci), o meglio, senza nessuna grazia. La grandezza del carattere rispetto all'interlinea, in quanto la lettura non è data dalla grandezza di un carattere, ma dal rapporto che c'è fra la grandezza del carattere e la distanza che c'è fra la riga sopra e la riga sotto (la famosa interlinea).
La scelta dei colori fra quelli che producono fiducia, aggressivita, o la scelta dei colori di fondo, ricordandosi che il massimo della lettura lo si ottiene scrivendo su fondo bianco.

Reperibilità: Vero! Motori di ricerca, Social Network, CRM, off-line. Essere primi su google è anche importante. Ma è la soluzione? Non del tutto. C'è una regola importante che sintetizzo con un esempio: più grande è il mercato maggiore è la concorrenza da combattere. E' importante non sottovalutare la reperibilità del nostro sito, ma più importante è valutare perchè veniamo cercati e se siamo capaci di dare risposte e informazioni utili. Senza è tutto inutile.

Il CSPR è sicuramente un interessante mezzo, che raggiunge ancora di più il successo se diventa stimolo di domanda.

mercoledì 30 settembre 2009

SELF BRAND, TRATTARE SE STESSI E LA PROPRIA PROFESSIONE COME UN BRAND

di Beniamino Buonocore
(pubblicato su www.avvocato.it)

Ogni giorno, nell’ambito della nostra professione, ma anche nei rapporti privati, veniamo giudicati da chi abbiamo di fronte. Ed è questo il motivo fondamentale per trattare noi stessi e il nostro lavoro come un Brand.
Le definizioni di “brand” sono molteplici, ma se vogliamo veramente sintetizzare, il BRAND è ciò che è stato promesso dall’azienda o dal prodotto, vestito dal brand, al potenziale cliente. E non va confuso con il marchio inteso come logo, che ne è una componente, ma va inteso come una serie di elementi che insieme contribuiscono all’attribuzione di un valore di chi lo propone. Contribuisce al brand il “cosa facciamo”, il “come lo facciamo”, le “soddisfazioni che generiamo in quello che facciamo”.
Come dicevamo, ogni momento veniamo giudicati, ovvero, chi davanti a noi sta giudicandoci si starà domandando “cosa facciamo”, “come lo facciamo”, se saremo in grado di mantenere la nostra “promessa professionale”, ovvero se saremo capaci veramente di “fare quello che facciamo, e se sappiamo veramente fare quello che facciamo”, e soprattutto “se saremo in grado di soddisfare le su esigenze”. In ciò sta il SELF BRAND.
Ma come realizzo il mio Self Brand?
Se vi siete posti questa domanda, avete fatto il primo passo.
Tralasciamo, in questo articolo, di addentrarci nella descrizione di strategie di marketing, ma concentriamoci su questo concetto: Il Self Brand è il nostro modo di concepire noi stessi come impresa, e ogni cosa che facciamo, ogni momento della nostra attività, non perde mai di vista questo concetto.
Proviamo dunque a concepire una “mappa mentale” che ci porterà a descrivere e valutare noi stessi come un’impresa.

1)Cosa faccio in particolare, in cosa sono veramente specializzato?

2)Come lo faccio, quali sono i miei punti forza e le mie debolezze circa la materia che tratto?

3)Come sono le mie capacità realizzare un successo attraverso la mia specializzazione?

4)Come gestisco i miei insuccessi?

5)In quale contesto di mercato mi trovo: quali e quanti sono i professionisti come me, che operano come me, e quali sono i loro valori rispetto a i miei, e le loro debolezze rispetto alle mie?

6)Quanta differenza c’è fra ciò che io faccio e la soddisfazione dei miei potenziali clienti?

7)Il mio prezzo è in equilibrio fra domanda, offerta, soddisfazione e aspettativa?

La capacità di essere (passatemi il termine) sinceri nella stesura delle risposte, e la profondità nella descrizione di se stessi che la domanda richiede, renderà la costruzione del Self Brand più puntuale. Mettiamola così, è come la differenza che c’è fra comprare un vestito già bello e fatto, o farsene cucire uno su misura.
Una volta descritta la vostra azienda, sarà più facile “affrontare” il mercato e i clienti: conoscerete i vostri punti di forza e potrete comunicarli a chi li ricerca, consci che avrete successo; conoscerete da che parte approfondire le vostre capacità, magari in settori con minore concorrenza, saprete come incanalare gli investimenti sul vostro studio e sulle vostre capacità professionali, saprete quale strada porta alla “soddisfazione del cliente” e quale non percorrere perché a rischio di insuccesso.
Una cosa è importate considerare. Nel Self Brand parto da me stesso e sui miei punti di forza determino il mio posizionamento nel mercato. Al contrario. se dovessi costruire il brand un prodotto (un oggetto o un servizio) partirei dal mercato, dalle sue esigenze, e su questo modellerei l’offerta.
Negli articoli che seguiranno approfondiremo i diversi aspetti che in questa sede abbiamo solo accennato, e su quelli che abbiamo tralasciato.
Chiudo con una considerazione su cui vi chiedo di riflettere: Questo articolo contribuisce al mio Self Brand.

martedì 5 maggio 2009

MOTORI DI RICERCA E SOCIAL NETWORK

di Beniamino Buonocore

Che internet entra ogni giorno prepotentemente nella nostra vita e nelle nostre attività, lo sappiamo tutti, e che lo fa in svariati modi è anche questa un’ovvia realtà.
Questo fenomeno ha aperto un canale di comunicazione a doppio senso: fra aziende e consumatori, fra chi domanda e chi risponde, ovvero, da una parte chi ha contenuti da offrire, dall’altra chi cerca contenuti da consultare.
Quello su cui bisogna porre attenzione è di non valutare e considerare i vari elementi del web come un solo strumento o con la stessa logica.
Le due grandi fortezze del web, sono i Motori di Ricerca e i Social Network. Cerchiamo di ragionare sulle caratteristiche e le potenzialità di ognuno dei due.
I Motori di Ricerca, nati inizialmente come una “porta” sulla rete, assolvono principalmente ad un compito: Dare una risposta ad una precisa domanda. Più precisa sarà la domanda, più precisa dovrà essere la risposta.
I Social Network, evoluzione (a mio giudizio) del concetto di Forum, e motore del concetto di web2.0, creano aggregazione su una comunione di interessi e di desideri.
Fissati questi due elementi, abbiamo bisogno di considerane però un terzo: L’utente. Questo infatti è sempre lo stesso sia nel momento in cui usa un Motore di Ricerca sia nel momento in cui usa un Social Network, dunque quello che cambia è il suo “comportamento” rispetto alla rete, e quindi la sua risposta in termini di comunicazione data o ricevuta.
Questo in termini di comunicazione crea due scenari distinti, uno (nel Motore di Ricerca) che vede l’utente ricercatore di informazioni, a vario titolo, fra l’approfondimento, il confronto, la convenienza, l’utilità, di un prodotto o di un servizio da acquistare ora o nel futuro.
L’altro (il Social Network) di un utente che non domanda, ma che reagisce ad temi affini alla “tribù” in cui si è inserito, ovvero a temi che non gli appartengono in prima persona, ma che trovano motivi o significato nel gruppo, di cui lui è partecipe, ma di cui (ora) non ne sente una desiderio personale.
L’utente, si scopre, ha un diverso modo di ascoltare a seconda del contesto in cui si è inserito, anche rimanendo un soggetto singolo con le sue caratteristiche e i suoi desideri.
Proviamo a fare degli esempi pratici:
Il turismo: se voglio lanciare una regione (ad esempio la maremma toscana) utilizzerò il Social Network, ma se voglio lanciare un centro benessere (sempre nella maremma toscana) preferirò il Motore di Ricerca.
La gastronomia: se voglio comunicare il Marchio Prosciutto di Parma, utilizzerò il Social Network, ma se voglio proporre un locale tipico dove servono prosciutto di Parma preferirò il Motore di Ricerca.
Automobili: Il nuovo modello di City Car, magari a gas, la presenterò sul Social Network, ma dove comprare la City Car, è un informazione che proporrò attraverso il Motore di Ricerca.
Naturalmente sono tre esempi portati all’estremo, ne gli stessi esempi sono immuni da critiche in termini strategici, ma il punto è che sia i Motori di Ricerca sia i Social Network, hanno in se una gran forza comunicativa nella misura in cui assecondano la capacità di ascoltare un messaggio pubblicitario da parte dell’utente.
Non posso aspettarmi che una campagna impostata come la imposteremmo su Google (Motore di ricerca), possa avere successo in termini di conversioni si Facebook (Social Network), e questo per il fatto che l’utente Facebook in quel momento non sa chiedendo nulla a Facebook e quindi non si aspetta risposte, ma questo non vuol dire che Facebook non serva.
Allo stesso modo, non mi aspetto conversioni su Google su una campagna impostata per pubblicizzare qualcosa che non è richiesto in quel momento.
Ma di questo avremo modo di parlarne ancora.

lunedì 4 maggio 2009

WEB MARKETING E PUBBLICITA' TRADIZIONALE

di Beniamino Buonocore

Se andate a spasso per la rete e cercate su argomenti come SEO, SEM, Posizionamento nei motori di ricerca, vi troverete di fronte, molto spesso, ad un mondo di informazioni che sembrano dimenticare o annullare le regole della pubblicità, a vantaggio di regole nuove, costruite appositamente per il web, e che si e' arrivati a pensare alla pubblicità' tradizionale, come ad una “informazione non permessa”, fastidiosa e invadente rispetto al”permission marketing” essenza pura del web.
Ma è cosi?
Proviamo a fare un'analisi: nello sviluppo delle strategie per il lancio di un prodotto (o sia esso servizio) i passaggi da percorrere sono, più o meno, stabiliti: a) Valutazione del mercato: per comprendere se gli elementi caratteristici del prodotto, possono incontrare il gusti/desideri del mercato. b) Valutare i competitor: per stabilire se esistono delle nicchie di posizionamento ancora disponibili, o per valutare l'investimento nel caso si vogliano occupare delle posizioni su cui è già in essere un'altra marca. c) Bussines Planning: per valutare l'impatto dell'investimento e determinare la redditività del prodotto. d) Ideazione della campagna pubblicitaria: che parla alle persone e gli propone la “soluzione al suo desiderio”. e) Piano mezzi: per individuare i quali strumenti usare fra televisione, radio, affissione ... web, per arrivare a parlare con le persone a cui si propone “la soluzione al loro desiderio”
In questo percorso (virtuoso) il CLIENTE è il punto di partenza e l'obiettivo dell'azienda.
Ma qui “casca l'asino”. Tutto questo non c'è più.
L'impresa che oggi conosciamo (a parte qualche rara eccezione), non sviluppa più, non propone soddisfazione, non ricerca, e quindi anticipa i desideri dei clienti, ma si appiattisce su ciò che già è avvenuto!
Risultato: l'unica leva che riescono ad utilizzare è “la promozione” o “l'oscuramento della concorrenza”
Ma ritorniamo alla considerazione sulle “informazioni non permesse”: queste (nella mia analisi) non sono altro che il bombardamento, noioso e senza stimoli, che le aziende sono costrette a fare, sia per proporre sempre una nuova promozione e sia per oscurare le posizioni dei concorrenti.
Ma l'unico risultato che si ottiene è: a) i clienti si tengono i loro desideri, b) il valore aggiunto dei prodotti cede agli sconti, c) la redditività si frantuma appresso agli investimenti pubblicitari senza ritorno, d) la pubblicità diventa per i CLIENTI, una rottura di palle.
Qui interviene la forza de web.
Per i CLIENTI, in grado di dare la “miglior risposta possibile ai desideri” e il miglior costo possibile, rispetto alla somma che ogni cliente è disposto a pagare per un prodotto.
Relazioni Permesse.
Per le aziende, amplificare l'elemento promozionale, e oscurare la concorrenza.
Ma anche questo forza impressionate del web, così sproporzionata, non fa bene al sistema impresa, ma anzi rischia di accelerarne la disfatta.
In sostanza non esistono “informazioni non permesse”. Esistono informazioni inutili.
Proviamo a dire cose interessanti (in pubblicità = proponiamo soddisfazione ai desideri), sono quasi certo che (ri)scopriremo che c'è tanta attenzione e curiosità, e perché no, consenso.
Il web marketing, non può negare i paradgnimi e le sfide, che già la pubblicità, che in molti chiamano obsoleta o più elegantemente "tradizionale", ha già affrontato, e che hanno fatto la differenza fra una buona campagna e una cattiva campagna! Fra il successo o l'insuccesso di una marca! Fra un periodo di "vacche grasse" e in periodo di crisi!
Penso che arriveremo a (ri)scoprire che la forza creativa della Pubblicità (strumento di marketing), ha il potere di realizzare il successo di un sito su un altro.
Guardatevi attorno, non si fa un passo all'interno della rete, senza che ad ogni angolo si percepisca il web come la soluzione di tutti le difficoltà che le aziende incontrano nel comunicare i propri prodotti, i propri servizi al mercato.
Pare quasi, che passi il tema, che ormai certi elementi di comunicazione, quello per intendersi fatto di spot, di affissione, di radio, sono passati, sono inutili, che non si sposano con il sistema sociale.
Si. Ma anche No. Chi vuol ridere del Veltroniarismo faccia pure.
Però sul argomento sono serio.
Credo che il vero problema non sia che non funziona più l'ADV tradizionale, ma che il vero problema è che le imprese non sono più marketing oriented, nel senso più tradizionale del termine.
Ovvero le imprese non studiano più il mercato, ma si limitano ad accontentarlo, e da questo punto di vista internet è fantastico. Perchè la rete domanda di quello che sa, la rete domanda cose conosciute, la rete compara cose conosciute: accontentali e venderai il tuo prodotto.
Ma la azienda che innova percepisce invece le richieste latenti del mercato, quel passo in più che nessuno domanda ma che se ci fosse tutti domanderebbero.
Senza questo spinta non avremmo avuto i primi computer da casa (ricordate apple), senza di questo non avremmo avuto la macchina da cucire, non avremmo avuto (forse) neanche la rete.
Allora l'esperienza della rete è fantastica, ma dateci da comunicare l'innovazione, dateci da comunicare un passo di miglioramento della nostra vita quotidiana, consegnateci un rinnovato modo di fare impresa, e fateci utilizzare l'ADV tradizionale insieme alla rete, e trasformeremo il mondo.
Allora lascio una domanda, magari argomento di un prossimo post: arriveremo, o forse lo abbiamo (ma io non lo vedo), ad un web in grado di anticipare gusti e desideri, e proporre innovazione?

IL MERCATO E LA CRISI, CHI GIOCA A NASCONDINO?

di Beniamino Buonocore

Ogni giorno ci confrontiamo con con la nostra società o con l'immagine che di essa ci trasmettono.
Ogni giorno, e ormai da tempo, i media ci riferiscono della profonda crisi economica, finanziaria e di occupazione che stiamo vivendo.
Sembra incredibile quanto tocchiamo quotidianamente l'effetto della crisi economica incontrando i migliaia di clienti, amici, parenti che abbiamo.
Sembra incredibile quanto io, quotidianamente, occupandomi di marketing, tocchi l'effetto della crisi sulle piccole e medie imprese.
Ma non solo.
Mi piace partire da un aneddoto. Quando da molto giovani giocavamo a nascondino (credo che almeno una volta ci abbiamo giocato tutti - e chi non lo ha fatto si fermi qui), dicevo, quando da piccoli giocavamo a nascondino, c'era quello che disperatamente cercava di salvarsi facendo "tana"; e invece c'era quello che rimaneva barricato dietro il suo nascondiglio aspettando che qualcuno (coraggioso) facesse "tana libera tutti".
La sensazione che sto vivendo è proprio questa. Le aziende, le piccole e medie, forza trainante del sistema economico, hanno trovato il loro "nascondiglio" e stanno aspettano qualcuno che faccia "tana libera tutti" e li porti fuori da queste sabbie mobili.
Il tema è che la piccola imprenditoria italiana (ma dopo quello che dirò non potremo più chiamarla cosi) resta immobile.
Per definizione l'imprenditore è un soggetto che investe (oculatamente ma investe), rischia ma compara il suo rischio al valore aggiunto della sua offerta, precede i gusti delle persone e si prepara a soddisfarli.
Ma tutto questo non lo troviamo. Troviamo solo pseudo/imprenditori che hanno solo un idea: taglio i costi e aspetto.
Ne vale il tema che le entrate dei consumatori non portano a fine mese, perché quello è il normale rapporto fra domanda e offerta, che si regola da solo senza interventi di nessuno.
L'immobilismo dell'imprenditoria sta affossando il mercato.
Certo i media non aiutano atteso che non passa giorno che qualcuno non vada in TV a dire il peggio politico del sistema italiano. Che poi a dirla tutta sono proprio loro il sistema politico.
Mi si accappona la pelle quando il Governatore della Banca d'Italia va in qualsiasi platea a parlare di crisi e di inutilità del governo. Però lui governa il sistema bancario. Magari ci aspetteremo una idea per aiutare a risolvere i mutui che crescono senza controllo.
Ma non do la colpa alla politica. Sono degli inetti, ma finché li eleggiamo ce li teniamo.
LA COLPA E' DELLA PICCOLA IMPRESA CHE STA GIOCANDO A NASCONDINO e aspetta che qualcuno faccia "tana libera tutti".
Ogni giorno mi sento dire, devo tagliare i costi. Taglio la pubblicità.
Ma la pubblicità, la comunicazione (cose e momenti diversi nella strategia d'impresa, vi prego non pensiate siano la stessa cosa) sono parte delle fondamenta dell'economia.
Siete mai stati al mercato.
Siete mai stati in borsa.
Siete mai stati ad un comizio.
Siete mai andati al circo.
In questi posti la gente URLA. Urla la sua offerta, urla che le sue mele sono le più succose, urlano che vendono un titolo a 1 centesimo in meno, urlano di se stessi per farsi eleggere, urlano che lo spettacolo dei leoni sta per cominciare.
URLANO, URLANO, URLANO ... comunicano.
Se in mezzo alla stazione volete farvi trovare da un amico che vedete da lontano cosa fate ... Urlate!!
Allora il primo passo. Diciamo alle aziende, (o se siamo azienda facciamo), comunichiamo che esistiamo, comunichiamo la nostra offerte, lanciamo idee. Muoviamoci perché credo che ognuno (questa volta) deve fare "tana" per se stesso.
Naturalmente, mi darebbero il nobel se con pochi concetti avessi trovato la soluzione alla crisi economica in atto. Va da se che l'esempio riportato vuole essere lo spunto ad un argomentazione,più ampia.
Non vorrei aver generato confusione, sostanzialmente il tema che propongo è che la crisi provoca una frenata brusca dell'imprenditoria, ma da ciò, ne deriva un maggior aumento della crisi, e cosi in un circolo senza fine.
il sistema economico è dettato dall'equilibrio fra domanda/offerta. Questo equilibro porta alla determinazione del "giusto prezzo", delle quantità che l'industria deve produrre calcolando il suo giusto utile marginale.
Questa regola è fissa (come nella fisica). Da essa non si può trascendere.
L'impresa italiana ha provato ad uscire da questa regola, ma alla fine si è dovuta scontrare (perdendo) con questa regola.
Chi guadagnava diciamo 3.000.000 al mese oggi si ritrova con 1.500 euro. Ma la sua domanda non è cambiata.
Ma l'offerta.
Quella gli si è raddoppiata nel valore. Risultato nel medio - lungo periodo (ora siamo nel medio), crollo dei consumi, inflazione: le azienda speculano con l'euro e aumentano l'ingresso all'offerta, successivamente, deflazione (le azienda tendono a compensare i mancati incassi, aumentando i prezzo del loro prodotto con la conseguenza che tagliano fuori le classi medie dall'acquisto, o le costringono all'indebitamento sovradimensionato. Dove è il tema: anche la deflazione (possiamo anche chiamarla recessione - impropriamente) esaurisce la sua spinta, (vi risparmio i motivi), se il sistema impresa non ricomincia a fare il suo lavoro di generatore di offerta che equilibra la domanda, il sistema è destinato al crash, perché il rapporto fra domanda e offerta è una regola propria dell'economia e non degli economisti.
Se l'impresa non fa "tana", riappropriandomi di un esempio del nascondino, ho meglio se l'impresa non comincia a "generare desiderio", "innovazione", "prezzo" (non promozione o sconto ma proprio PREZZO), non ci saranno soluzioni. Lo stato può aiutare poco, e comunque si deve bilanciare con il suo costo (le tasse), che sono acceleratore o freno di un sistema economico.

RISCHIA FACEBOOK DI DIVENTARE LA PRIMA DROGA VIRTUALE

di Beniamino Buonocore

Qualche tempo fa parlavo con un amico (in realtà con Giusto), che mi cercava da tre giorni, e per manifestarmi la sua goliardica incazzatura, mi dice che: "cazzo" mi vede on-line su facebook, e che poi devo smetterla di invitarlo a gruppi inutili, tipo: APRI UN TEATRO AD ISCHIA, che tanto a lui di Ischia non gli frega nulla.
Queste due cose, a mo di germoglio (o larva putrida se volete) hanno cominciato a insinuarsi nel mio pensiero generando un sacco di domande: A cosa serve FB?, a chi è utile FB?, perché usiamo FB?, abbiamo veramente capito come possiamo usare FB?.
Quello che mi pare sia successo è che FB nato come motore di aggregazione all’interno di una comunità circoscritta (l’università), e quindi utilissimo all’interno di un gruppo di persone che in qualche modo partono da una base condivisa di quotidianità, e che trovano coerenti (perché lo sono) le informazioni, più o meno frivole, che si scambiano, per motivi collegati alla diffusione di tutto ciò che oggi è possibile fare in rete, sia uscito dal suo stato e si sia diffuso senza soluzione di continuità, ma così facendo, perdendo la sua natura.
Scorro la mia “lista degli amici”, alcuni di loro son li perché amici di amici di cui ho accettato, o richiesto l’amicizia solo perché suggerito da qualcuno, o perché appartenenti ad un gruppo. Altri “amici”, sono veri, nel senso che c’è una base su cui basare FB, nel senso che ogni tanto (per lo meno) li vedo o li sento, in buona sostanza ne ho un rapporto personale. L’ultima fetta di “amici”sono persone che ho frequentato, ma che poi i casi della vita hanno allontanato, e che se non fosse per FB non avrei magari anche scordato la faccia. Ma con in quali, comunque, continuo a non avere scambi personali.