di Beniamino Buonocore
Che internet entra ogni giorno prepotentemente nella nostra vita e nelle nostre attività, lo sappiamo tutti, e che lo fa in svariati modi è anche questa un’ovvia realtà.
Questo fenomeno ha aperto un canale di comunicazione a doppio senso: fra aziende e consumatori, fra chi domanda e chi risponde, ovvero, da una parte chi ha contenuti da offrire, dall’altra chi cerca contenuti da consultare.
Quello su cui bisogna porre attenzione è di non valutare e considerare i vari elementi del web come un solo strumento o con la stessa logica.
Le due grandi fortezze del web, sono i Motori di Ricerca e i Social Network. Cerchiamo di ragionare sulle caratteristiche e le potenzialità di ognuno dei due.
I Motori di Ricerca, nati inizialmente come una “porta” sulla rete, assolvono principalmente ad un compito: Dare una risposta ad una precisa domanda. Più precisa sarà la domanda, più precisa dovrà essere la risposta.
I Social Network, evoluzione (a mio giudizio) del concetto di Forum, e motore del concetto di web2.0, creano aggregazione su una comunione di interessi e di desideri.
Fissati questi due elementi, abbiamo bisogno di considerane però un terzo: L’utente. Questo infatti è sempre lo stesso sia nel momento in cui usa un Motore di Ricerca sia nel momento in cui usa un Social Network, dunque quello che cambia è il suo “comportamento” rispetto alla rete, e quindi la sua risposta in termini di comunicazione data o ricevuta.
Questo in termini di comunicazione crea due scenari distinti, uno (nel Motore di Ricerca) che vede l’utente ricercatore di informazioni, a vario titolo, fra l’approfondimento, il confronto, la convenienza, l’utilità, di un prodotto o di un servizio da acquistare ora o nel futuro.
L’altro (il Social Network) di un utente che non domanda, ma che reagisce ad temi affini alla “tribù” in cui si è inserito, ovvero a temi che non gli appartengono in prima persona, ma che trovano motivi o significato nel gruppo, di cui lui è partecipe, ma di cui (ora) non ne sente una desiderio personale.
L’utente, si scopre, ha un diverso modo di ascoltare a seconda del contesto in cui si è inserito, anche rimanendo un soggetto singolo con le sue caratteristiche e i suoi desideri.
Proviamo a fare degli esempi pratici:
Il turismo: se voglio lanciare una regione (ad esempio la maremma toscana) utilizzerò il Social Network, ma se voglio lanciare un centro benessere (sempre nella maremma toscana) preferirò il Motore di Ricerca.
La gastronomia: se voglio comunicare il Marchio Prosciutto di Parma, utilizzerò il Social Network, ma se voglio proporre un locale tipico dove servono prosciutto di Parma preferirò il Motore di Ricerca.
Automobili: Il nuovo modello di City Car, magari a gas, la presenterò sul Social Network, ma dove comprare la City Car, è un informazione che proporrò attraverso il Motore di Ricerca.
Naturalmente sono tre esempi portati all’estremo, ne gli stessi esempi sono immuni da critiche in termini strategici, ma il punto è che sia i Motori di Ricerca sia i Social Network, hanno in se una gran forza comunicativa nella misura in cui assecondano la capacità di ascoltare un messaggio pubblicitario da parte dell’utente.
Non posso aspettarmi che una campagna impostata come la imposteremmo su Google (Motore di ricerca), possa avere successo in termini di conversioni si Facebook (Social Network), e questo per il fatto che l’utente Facebook in quel momento non sa chiedendo nulla a Facebook e quindi non si aspetta risposte, ma questo non vuol dire che Facebook non serva.
Allo stesso modo, non mi aspetto conversioni su Google su una campagna impostata per pubblicizzare qualcosa che non è richiesto in quel momento.
Ma di questo avremo modo di parlarne ancora.
Officina Web Marketing
La realizzazione di un sito web è una cosa importante, ma non deve costare una fortuna. Il valore viene dopo avere creato un proprio sito web, quando il stio diventa uno strumento di comunicazione e di conversazione con i prorpi clienti.
martedì 5 maggio 2009
lunedì 4 maggio 2009
WEB MARKETING E PUBBLICITA' TRADIZIONALE
di Beniamino Buonocore
Se andate a spasso per la rete e cercate su argomenti come SEO, SEM, Posizionamento nei motori di ricerca, vi troverete di fronte, molto spesso, ad un mondo di informazioni che sembrano dimenticare o annullare le regole della pubblicità, a vantaggio di regole nuove, costruite appositamente per il web, e che si e' arrivati a pensare alla pubblicità' tradizionale, come ad una “informazione non permessa”, fastidiosa e invadente rispetto al”permission marketing” essenza pura del web.
Ma è cosi?
Proviamo a fare un'analisi: nello sviluppo delle strategie per il lancio di un prodotto (o sia esso servizio) i passaggi da percorrere sono, più o meno, stabiliti: a) Valutazione del mercato: per comprendere se gli elementi caratteristici del prodotto, possono incontrare il gusti/desideri del mercato. b) Valutare i competitor: per stabilire se esistono delle nicchie di posizionamento ancora disponibili, o per valutare l'investimento nel caso si vogliano occupare delle posizioni su cui è già in essere un'altra marca. c) Bussines Planning: per valutare l'impatto dell'investimento e determinare la redditività del prodotto. d) Ideazione della campagna pubblicitaria: che parla alle persone e gli propone la “soluzione al suo desiderio”. e) Piano mezzi: per individuare i quali strumenti usare fra televisione, radio, affissione ... web, per arrivare a parlare con le persone a cui si propone “la soluzione al loro desiderio”
In questo percorso (virtuoso) il CLIENTE è il punto di partenza e l'obiettivo dell'azienda.
Ma qui “casca l'asino”. Tutto questo non c'è più.
L'impresa che oggi conosciamo (a parte qualche rara eccezione), non sviluppa più, non propone soddisfazione, non ricerca, e quindi anticipa i desideri dei clienti, ma si appiattisce su ciò che già è avvenuto!
Risultato: l'unica leva che riescono ad utilizzare è “la promozione” o “l'oscuramento della concorrenza”
Ma ritorniamo alla considerazione sulle “informazioni non permesse”: queste (nella mia analisi) non sono altro che il bombardamento, noioso e senza stimoli, che le aziende sono costrette a fare, sia per proporre sempre una nuova promozione e sia per oscurare le posizioni dei concorrenti.
Ma l'unico risultato che si ottiene è: a) i clienti si tengono i loro desideri, b) il valore aggiunto dei prodotti cede agli sconti, c) la redditività si frantuma appresso agli investimenti pubblicitari senza ritorno, d) la pubblicità diventa per i CLIENTI, una rottura di palle.
Qui interviene la forza de web.
Per i CLIENTI, in grado di dare la “miglior risposta possibile ai desideri” e il miglior costo possibile, rispetto alla somma che ogni cliente è disposto a pagare per un prodotto.
Relazioni Permesse.
Per le aziende, amplificare l'elemento promozionale, e oscurare la concorrenza.
Ma anche questo forza impressionate del web, così sproporzionata, non fa bene al sistema impresa, ma anzi rischia di accelerarne la disfatta.
In sostanza non esistono “informazioni non permesse”. Esistono informazioni inutili.
Proviamo a dire cose interessanti (in pubblicità = proponiamo soddisfazione ai desideri), sono quasi certo che (ri)scopriremo che c'è tanta attenzione e curiosità, e perché no, consenso.
Il web marketing, non può negare i paradgnimi e le sfide, che già la pubblicità, che in molti chiamano obsoleta o più elegantemente "tradizionale", ha già affrontato, e che hanno fatto la differenza fra una buona campagna e una cattiva campagna! Fra il successo o l'insuccesso di una marca! Fra un periodo di "vacche grasse" e in periodo di crisi!
Penso che arriveremo a (ri)scoprire che la forza creativa della Pubblicità (strumento di marketing), ha il potere di realizzare il successo di un sito su un altro.
Guardatevi attorno, non si fa un passo all'interno della rete, senza che ad ogni angolo si percepisca il web come la soluzione di tutti le difficoltà che le aziende incontrano nel comunicare i propri prodotti, i propri servizi al mercato.
Pare quasi, che passi il tema, che ormai certi elementi di comunicazione, quello per intendersi fatto di spot, di affissione, di radio, sono passati, sono inutili, che non si sposano con il sistema sociale.
Si. Ma anche No. Chi vuol ridere del Veltroniarismo faccia pure.
Però sul argomento sono serio.
Credo che il vero problema non sia che non funziona più l'ADV tradizionale, ma che il vero problema è che le imprese non sono più marketing oriented, nel senso più tradizionale del termine.
Ovvero le imprese non studiano più il mercato, ma si limitano ad accontentarlo, e da questo punto di vista internet è fantastico. Perchè la rete domanda di quello che sa, la rete domanda cose conosciute, la rete compara cose conosciute: accontentali e venderai il tuo prodotto.
Ma la azienda che innova percepisce invece le richieste latenti del mercato, quel passo in più che nessuno domanda ma che se ci fosse tutti domanderebbero.
Senza questo spinta non avremmo avuto i primi computer da casa (ricordate apple), senza di questo non avremmo avuto la macchina da cucire, non avremmo avuto (forse) neanche la rete.
Allora l'esperienza della rete è fantastica, ma dateci da comunicare l'innovazione, dateci da comunicare un passo di miglioramento della nostra vita quotidiana, consegnateci un rinnovato modo di fare impresa, e fateci utilizzare l'ADV tradizionale insieme alla rete, e trasformeremo il mondo.
Allora lascio una domanda, magari argomento di un prossimo post: arriveremo, o forse lo abbiamo (ma io non lo vedo), ad un web in grado di anticipare gusti e desideri, e proporre innovazione?
Se andate a spasso per la rete e cercate su argomenti come SEO, SEM, Posizionamento nei motori di ricerca, vi troverete di fronte, molto spesso, ad un mondo di informazioni che sembrano dimenticare o annullare le regole della pubblicità, a vantaggio di regole nuove, costruite appositamente per il web, e che si e' arrivati a pensare alla pubblicità' tradizionale, come ad una “informazione non permessa”, fastidiosa e invadente rispetto al”permission marketing” essenza pura del web.
Ma è cosi?
Proviamo a fare un'analisi: nello sviluppo delle strategie per il lancio di un prodotto (o sia esso servizio) i passaggi da percorrere sono, più o meno, stabiliti: a) Valutazione del mercato: per comprendere se gli elementi caratteristici del prodotto, possono incontrare il gusti/desideri del mercato. b) Valutare i competitor: per stabilire se esistono delle nicchie di posizionamento ancora disponibili, o per valutare l'investimento nel caso si vogliano occupare delle posizioni su cui è già in essere un'altra marca. c) Bussines Planning: per valutare l'impatto dell'investimento e determinare la redditività del prodotto. d) Ideazione della campagna pubblicitaria: che parla alle persone e gli propone la “soluzione al suo desiderio”. e) Piano mezzi: per individuare i quali strumenti usare fra televisione, radio, affissione ... web, per arrivare a parlare con le persone a cui si propone “la soluzione al loro desiderio”
In questo percorso (virtuoso) il CLIENTE è il punto di partenza e l'obiettivo dell'azienda.
Ma qui “casca l'asino”. Tutto questo non c'è più.
L'impresa che oggi conosciamo (a parte qualche rara eccezione), non sviluppa più, non propone soddisfazione, non ricerca, e quindi anticipa i desideri dei clienti, ma si appiattisce su ciò che già è avvenuto!
Risultato: l'unica leva che riescono ad utilizzare è “la promozione” o “l'oscuramento della concorrenza”
Ma ritorniamo alla considerazione sulle “informazioni non permesse”: queste (nella mia analisi) non sono altro che il bombardamento, noioso e senza stimoli, che le aziende sono costrette a fare, sia per proporre sempre una nuova promozione e sia per oscurare le posizioni dei concorrenti.
Ma l'unico risultato che si ottiene è: a) i clienti si tengono i loro desideri, b) il valore aggiunto dei prodotti cede agli sconti, c) la redditività si frantuma appresso agli investimenti pubblicitari senza ritorno, d) la pubblicità diventa per i CLIENTI, una rottura di palle.
Qui interviene la forza de web.
Per i CLIENTI, in grado di dare la “miglior risposta possibile ai desideri” e il miglior costo possibile, rispetto alla somma che ogni cliente è disposto a pagare per un prodotto.
Relazioni Permesse.
Per le aziende, amplificare l'elemento promozionale, e oscurare la concorrenza.
Ma anche questo forza impressionate del web, così sproporzionata, non fa bene al sistema impresa, ma anzi rischia di accelerarne la disfatta.
In sostanza non esistono “informazioni non permesse”. Esistono informazioni inutili.
Proviamo a dire cose interessanti (in pubblicità = proponiamo soddisfazione ai desideri), sono quasi certo che (ri)scopriremo che c'è tanta attenzione e curiosità, e perché no, consenso.
Il web marketing, non può negare i paradgnimi e le sfide, che già la pubblicità, che in molti chiamano obsoleta o più elegantemente "tradizionale", ha già affrontato, e che hanno fatto la differenza fra una buona campagna e una cattiva campagna! Fra il successo o l'insuccesso di una marca! Fra un periodo di "vacche grasse" e in periodo di crisi!
Penso che arriveremo a (ri)scoprire che la forza creativa della Pubblicità (strumento di marketing), ha il potere di realizzare il successo di un sito su un altro.
Guardatevi attorno, non si fa un passo all'interno della rete, senza che ad ogni angolo si percepisca il web come la soluzione di tutti le difficoltà che le aziende incontrano nel comunicare i propri prodotti, i propri servizi al mercato.
Pare quasi, che passi il tema, che ormai certi elementi di comunicazione, quello per intendersi fatto di spot, di affissione, di radio, sono passati, sono inutili, che non si sposano con il sistema sociale.
Si. Ma anche No. Chi vuol ridere del Veltroniarismo faccia pure.
Però sul argomento sono serio.
Credo che il vero problema non sia che non funziona più l'ADV tradizionale, ma che il vero problema è che le imprese non sono più marketing oriented, nel senso più tradizionale del termine.
Ovvero le imprese non studiano più il mercato, ma si limitano ad accontentarlo, e da questo punto di vista internet è fantastico. Perchè la rete domanda di quello che sa, la rete domanda cose conosciute, la rete compara cose conosciute: accontentali e venderai il tuo prodotto.
Ma la azienda che innova percepisce invece le richieste latenti del mercato, quel passo in più che nessuno domanda ma che se ci fosse tutti domanderebbero.
Senza questo spinta non avremmo avuto i primi computer da casa (ricordate apple), senza di questo non avremmo avuto la macchina da cucire, non avremmo avuto (forse) neanche la rete.
Allora l'esperienza della rete è fantastica, ma dateci da comunicare l'innovazione, dateci da comunicare un passo di miglioramento della nostra vita quotidiana, consegnateci un rinnovato modo di fare impresa, e fateci utilizzare l'ADV tradizionale insieme alla rete, e trasformeremo il mondo.
Allora lascio una domanda, magari argomento di un prossimo post: arriveremo, o forse lo abbiamo (ma io non lo vedo), ad un web in grado di anticipare gusti e desideri, e proporre innovazione?
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IL MERCATO E LA CRISI, CHI GIOCA A NASCONDINO?
di Beniamino Buonocore
Ogni giorno ci confrontiamo con con la nostra società o con l'immagine che di essa ci trasmettono.
Ogni giorno, e ormai da tempo, i media ci riferiscono della profonda crisi economica, finanziaria e di occupazione che stiamo vivendo.
Sembra incredibile quanto tocchiamo quotidianamente l'effetto della crisi economica incontrando i migliaia di clienti, amici, parenti che abbiamo.
Sembra incredibile quanto io, quotidianamente, occupandomi di marketing, tocchi l'effetto della crisi sulle piccole e medie imprese.
Ma non solo.
Mi piace partire da un aneddoto. Quando da molto giovani giocavamo a nascondino (credo che almeno una volta ci abbiamo giocato tutti - e chi non lo ha fatto si fermi qui), dicevo, quando da piccoli giocavamo a nascondino, c'era quello che disperatamente cercava di salvarsi facendo "tana"; e invece c'era quello che rimaneva barricato dietro il suo nascondiglio aspettando che qualcuno (coraggioso) facesse "tana libera tutti".
La sensazione che sto vivendo è proprio questa. Le aziende, le piccole e medie, forza trainante del sistema economico, hanno trovato il loro "nascondiglio" e stanno aspettano qualcuno che faccia "tana libera tutti" e li porti fuori da queste sabbie mobili.
Il tema è che la piccola imprenditoria italiana (ma dopo quello che dirò non potremo più chiamarla cosi) resta immobile.
Per definizione l'imprenditore è un soggetto che investe (oculatamente ma investe), rischia ma compara il suo rischio al valore aggiunto della sua offerta, precede i gusti delle persone e si prepara a soddisfarli.
Ma tutto questo non lo troviamo. Troviamo solo pseudo/imprenditori che hanno solo un idea: taglio i costi e aspetto.
Ne vale il tema che le entrate dei consumatori non portano a fine mese, perché quello è il normale rapporto fra domanda e offerta, che si regola da solo senza interventi di nessuno.
L'immobilismo dell'imprenditoria sta affossando il mercato.
Certo i media non aiutano atteso che non passa giorno che qualcuno non vada in TV a dire il peggio politico del sistema italiano. Che poi a dirla tutta sono proprio loro il sistema politico.
Mi si accappona la pelle quando il Governatore della Banca d'Italia va in qualsiasi platea a parlare di crisi e di inutilità del governo. Però lui governa il sistema bancario. Magari ci aspetteremo una idea per aiutare a risolvere i mutui che crescono senza controllo.
Ma non do la colpa alla politica. Sono degli inetti, ma finché li eleggiamo ce li teniamo.
LA COLPA E' DELLA PICCOLA IMPRESA CHE STA GIOCANDO A NASCONDINO e aspetta che qualcuno faccia "tana libera tutti".
Ogni giorno mi sento dire, devo tagliare i costi. Taglio la pubblicità.
Ma la pubblicità, la comunicazione (cose e momenti diversi nella strategia d'impresa, vi prego non pensiate siano la stessa cosa) sono parte delle fondamenta dell'economia.
Siete mai stati al mercato.
Siete mai stati in borsa.
Siete mai stati ad un comizio.
Siete mai andati al circo.
In questi posti la gente URLA. Urla la sua offerta, urla che le sue mele sono le più succose, urlano che vendono un titolo a 1 centesimo in meno, urlano di se stessi per farsi eleggere, urlano che lo spettacolo dei leoni sta per cominciare.
URLANO, URLANO, URLANO ... comunicano.
Se in mezzo alla stazione volete farvi trovare da un amico che vedete da lontano cosa fate ... Urlate!!
Allora il primo passo. Diciamo alle aziende, (o se siamo azienda facciamo), comunichiamo che esistiamo, comunichiamo la nostra offerte, lanciamo idee. Muoviamoci perché credo che ognuno (questa volta) deve fare "tana" per se stesso.
Naturalmente, mi darebbero il nobel se con pochi concetti avessi trovato la soluzione alla crisi economica in atto. Va da se che l'esempio riportato vuole essere lo spunto ad un argomentazione,più ampia.
Non vorrei aver generato confusione, sostanzialmente il tema che propongo è che la crisi provoca una frenata brusca dell'imprenditoria, ma da ciò, ne deriva un maggior aumento della crisi, e cosi in un circolo senza fine.
il sistema economico è dettato dall'equilibrio fra domanda/offerta. Questo equilibro porta alla determinazione del "giusto prezzo", delle quantità che l'industria deve produrre calcolando il suo giusto utile marginale.
Questa regola è fissa (come nella fisica). Da essa non si può trascendere.
L'impresa italiana ha provato ad uscire da questa regola, ma alla fine si è dovuta scontrare (perdendo) con questa regola.
Chi guadagnava diciamo 3.000.000 al mese oggi si ritrova con 1.500 euro. Ma la sua domanda non è cambiata.
Ma l'offerta.
Quella gli si è raddoppiata nel valore. Risultato nel medio - lungo periodo (ora siamo nel medio), crollo dei consumi, inflazione: le azienda speculano con l'euro e aumentano l'ingresso all'offerta, successivamente, deflazione (le azienda tendono a compensare i mancati incassi, aumentando i prezzo del loro prodotto con la conseguenza che tagliano fuori le classi medie dall'acquisto, o le costringono all'indebitamento sovradimensionato. Dove è il tema: anche la deflazione (possiamo anche chiamarla recessione - impropriamente) esaurisce la sua spinta, (vi risparmio i motivi), se il sistema impresa non ricomincia a fare il suo lavoro di generatore di offerta che equilibra la domanda, il sistema è destinato al crash, perché il rapporto fra domanda e offerta è una regola propria dell'economia e non degli economisti.
Se l'impresa non fa "tana", riappropriandomi di un esempio del nascondino, ho meglio se l'impresa non comincia a "generare desiderio", "innovazione", "prezzo" (non promozione o sconto ma proprio PREZZO), non ci saranno soluzioni. Lo stato può aiutare poco, e comunque si deve bilanciare con il suo costo (le tasse), che sono acceleratore o freno di un sistema economico.
Ogni giorno ci confrontiamo con con la nostra società o con l'immagine che di essa ci trasmettono.
Ogni giorno, e ormai da tempo, i media ci riferiscono della profonda crisi economica, finanziaria e di occupazione che stiamo vivendo.
Sembra incredibile quanto tocchiamo quotidianamente l'effetto della crisi economica incontrando i migliaia di clienti, amici, parenti che abbiamo.
Sembra incredibile quanto io, quotidianamente, occupandomi di marketing, tocchi l'effetto della crisi sulle piccole e medie imprese.
Ma non solo.
Mi piace partire da un aneddoto. Quando da molto giovani giocavamo a nascondino (credo che almeno una volta ci abbiamo giocato tutti - e chi non lo ha fatto si fermi qui), dicevo, quando da piccoli giocavamo a nascondino, c'era quello che disperatamente cercava di salvarsi facendo "tana"; e invece c'era quello che rimaneva barricato dietro il suo nascondiglio aspettando che qualcuno (coraggioso) facesse "tana libera tutti".
La sensazione che sto vivendo è proprio questa. Le aziende, le piccole e medie, forza trainante del sistema economico, hanno trovato il loro "nascondiglio" e stanno aspettano qualcuno che faccia "tana libera tutti" e li porti fuori da queste sabbie mobili.
Il tema è che la piccola imprenditoria italiana (ma dopo quello che dirò non potremo più chiamarla cosi) resta immobile.
Per definizione l'imprenditore è un soggetto che investe (oculatamente ma investe), rischia ma compara il suo rischio al valore aggiunto della sua offerta, precede i gusti delle persone e si prepara a soddisfarli.
Ma tutto questo non lo troviamo. Troviamo solo pseudo/imprenditori che hanno solo un idea: taglio i costi e aspetto.
Ne vale il tema che le entrate dei consumatori non portano a fine mese, perché quello è il normale rapporto fra domanda e offerta, che si regola da solo senza interventi di nessuno.
L'immobilismo dell'imprenditoria sta affossando il mercato.
Certo i media non aiutano atteso che non passa giorno che qualcuno non vada in TV a dire il peggio politico del sistema italiano. Che poi a dirla tutta sono proprio loro il sistema politico.
Mi si accappona la pelle quando il Governatore della Banca d'Italia va in qualsiasi platea a parlare di crisi e di inutilità del governo. Però lui governa il sistema bancario. Magari ci aspetteremo una idea per aiutare a risolvere i mutui che crescono senza controllo.
Ma non do la colpa alla politica. Sono degli inetti, ma finché li eleggiamo ce li teniamo.
LA COLPA E' DELLA PICCOLA IMPRESA CHE STA GIOCANDO A NASCONDINO e aspetta che qualcuno faccia "tana libera tutti".
Ogni giorno mi sento dire, devo tagliare i costi. Taglio la pubblicità.
Ma la pubblicità, la comunicazione (cose e momenti diversi nella strategia d'impresa, vi prego non pensiate siano la stessa cosa) sono parte delle fondamenta dell'economia.
Siete mai stati al mercato.
Siete mai stati in borsa.
Siete mai stati ad un comizio.
Siete mai andati al circo.
In questi posti la gente URLA. Urla la sua offerta, urla che le sue mele sono le più succose, urlano che vendono un titolo a 1 centesimo in meno, urlano di se stessi per farsi eleggere, urlano che lo spettacolo dei leoni sta per cominciare.
URLANO, URLANO, URLANO ... comunicano.
Se in mezzo alla stazione volete farvi trovare da un amico che vedete da lontano cosa fate ... Urlate!!
Allora il primo passo. Diciamo alle aziende, (o se siamo azienda facciamo), comunichiamo che esistiamo, comunichiamo la nostra offerte, lanciamo idee. Muoviamoci perché credo che ognuno (questa volta) deve fare "tana" per se stesso.
Naturalmente, mi darebbero il nobel se con pochi concetti avessi trovato la soluzione alla crisi economica in atto. Va da se che l'esempio riportato vuole essere lo spunto ad un argomentazione,più ampia.
Non vorrei aver generato confusione, sostanzialmente il tema che propongo è che la crisi provoca una frenata brusca dell'imprenditoria, ma da ciò, ne deriva un maggior aumento della crisi, e cosi in un circolo senza fine.
il sistema economico è dettato dall'equilibrio fra domanda/offerta. Questo equilibro porta alla determinazione del "giusto prezzo", delle quantità che l'industria deve produrre calcolando il suo giusto utile marginale.
Questa regola è fissa (come nella fisica). Da essa non si può trascendere.
L'impresa italiana ha provato ad uscire da questa regola, ma alla fine si è dovuta scontrare (perdendo) con questa regola.
Chi guadagnava diciamo 3.000.000 al mese oggi si ritrova con 1.500 euro. Ma la sua domanda non è cambiata.
Ma l'offerta.
Quella gli si è raddoppiata nel valore. Risultato nel medio - lungo periodo (ora siamo nel medio), crollo dei consumi, inflazione: le azienda speculano con l'euro e aumentano l'ingresso all'offerta, successivamente, deflazione (le azienda tendono a compensare i mancati incassi, aumentando i prezzo del loro prodotto con la conseguenza che tagliano fuori le classi medie dall'acquisto, o le costringono all'indebitamento sovradimensionato. Dove è il tema: anche la deflazione (possiamo anche chiamarla recessione - impropriamente) esaurisce la sua spinta, (vi risparmio i motivi), se il sistema impresa non ricomincia a fare il suo lavoro di generatore di offerta che equilibra la domanda, il sistema è destinato al crash, perché il rapporto fra domanda e offerta è una regola propria dell'economia e non degli economisti.
Se l'impresa non fa "tana", riappropriandomi di un esempio del nascondino, ho meglio se l'impresa non comincia a "generare desiderio", "innovazione", "prezzo" (non promozione o sconto ma proprio PREZZO), non ci saranno soluzioni. Lo stato può aiutare poco, e comunque si deve bilanciare con il suo costo (le tasse), che sono acceleratore o freno di un sistema economico.
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RISCHIA FACEBOOK DI DIVENTARE LA PRIMA DROGA VIRTUALE
di Beniamino Buonocore
Qualche tempo fa parlavo con un amico (in realtà con Giusto), che mi cercava da tre giorni, e per manifestarmi la sua goliardica incazzatura, mi dice che: "cazzo" mi vede on-line su facebook, e che poi devo smetterla di invitarlo a gruppi inutili, tipo: APRI UN TEATRO AD ISCHIA, che tanto a lui di Ischia non gli frega nulla.
Queste due cose, a mo di germoglio (o larva putrida se volete) hanno cominciato a insinuarsi nel mio pensiero generando un sacco di domande: A cosa serve FB?, a chi è utile FB?, perché usiamo FB?, abbiamo veramente capito come possiamo usare FB?.
Quello che mi pare sia successo è che FB nato come motore di aggregazione all’interno di una comunità circoscritta (l’università), e quindi utilissimo all’interno di un gruppo di persone che in qualche modo partono da una base condivisa di quotidianità, e che trovano coerenti (perché lo sono) le informazioni, più o meno frivole, che si scambiano, per motivi collegati alla diffusione di tutto ciò che oggi è possibile fare in rete, sia uscito dal suo stato e si sia diffuso senza soluzione di continuità, ma così facendo, perdendo la sua natura.
Scorro la mia “lista degli amici”, alcuni di loro son li perché amici di amici di cui ho accettato, o richiesto l’amicizia solo perché suggerito da qualcuno, o perché appartenenti ad un gruppo. Altri “amici”, sono veri, nel senso che c’è una base su cui basare FB, nel senso che ogni tanto (per lo meno) li vedo o li sento, in buona sostanza ne ho un rapporto personale. L’ultima fetta di “amici”sono persone che ho frequentato, ma che poi i casi della vita hanno allontanato, e che se non fosse per FB non avrei magari anche scordato la faccia. Ma con in quali, comunque, continuo a non avere scambi personali.
Qualche tempo fa parlavo con un amico (in realtà con Giusto), che mi cercava da tre giorni, e per manifestarmi la sua goliardica incazzatura, mi dice che: "cazzo" mi vede on-line su facebook, e che poi devo smetterla di invitarlo a gruppi inutili, tipo: APRI UN TEATRO AD ISCHIA, che tanto a lui di Ischia non gli frega nulla.
Queste due cose, a mo di germoglio (o larva putrida se volete) hanno cominciato a insinuarsi nel mio pensiero generando un sacco di domande: A cosa serve FB?, a chi è utile FB?, perché usiamo FB?, abbiamo veramente capito come possiamo usare FB?.
Quello che mi pare sia successo è che FB nato come motore di aggregazione all’interno di una comunità circoscritta (l’università), e quindi utilissimo all’interno di un gruppo di persone che in qualche modo partono da una base condivisa di quotidianità, e che trovano coerenti (perché lo sono) le informazioni, più o meno frivole, che si scambiano, per motivi collegati alla diffusione di tutto ciò che oggi è possibile fare in rete, sia uscito dal suo stato e si sia diffuso senza soluzione di continuità, ma così facendo, perdendo la sua natura.
Scorro la mia “lista degli amici”, alcuni di loro son li perché amici di amici di cui ho accettato, o richiesto l’amicizia solo perché suggerito da qualcuno, o perché appartenenti ad un gruppo. Altri “amici”, sono veri, nel senso che c’è una base su cui basare FB, nel senso che ogni tanto (per lo meno) li vedo o li sento, in buona sostanza ne ho un rapporto personale. L’ultima fetta di “amici”sono persone che ho frequentato, ma che poi i casi della vita hanno allontanato, e che se non fosse per FB non avrei magari anche scordato la faccia. Ma con in quali, comunque, continuo a non avere scambi personali.
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